Tratto da “A Crìa da Cumpagnia Armasca” – n. 55 – I Trimestre 2018

In paese oggi è un giorno particolare, è nato un bambino, ed è giunto il giorno del battesimo.

Un lungo corteo si snoda per le strade del borgo, dalla casa dei genitori alla Chiesa Parrocchiale, dove tutto è pronto alla fonte battesimale. I battezzandi erano sempre vestiti di bianco, e anche le famiglie più povere avevano a disposizione il vestitino del battesimo che si passava tra fratellini e sorelline, a volte per più generazioni.

In Liguria era usanza che a portare il battezzando, fosse la levatrice o la madrina. Il padrino e la madrina erano scelti con cura dai genitori, ricercandoli tra persone o parenti di una certa cerchia sociale, che potessero dare garanzia di sostegno al giovane neonato, che diventava così, il loro figlioccio o figlioccia per tutta la vita.

La scelta del nome era molto ponderata. Si doveva tenere presente tutta una serie di nomi da attribuire al neonato, parenti defunti, amici importanti, conoscenti. I nomi dei nonni avevano sempre la precedenza, come quelli dei bisnonni e degli avi, o un lontano agiato parente.

Scelto poi il nome ufficiale da denunciare al battesimo e all’anagrafe del Comune, a volte, più di uno suggeriva un soprannome, concordando di chiamarlo con un secondo nome, se il nome dato non era quello che si preferiva, e così ad esempio si diceva che era stato battezzato Giovanni Battista, ma lo chiamava Giacomo che è più comune e semplice, anche se questo comportava in seguito gravi conseguenze all’anagrafe e nei vari documenti.

Alla fine della cerimonia del battesimo, il solito e più nutrito corteo ritornava a casa dei genitori e tutti si piazzavano sotto il balcone, uomini, donne e bambini, attendendo con pazienza che si aprisse il balcone, gridando ad alta voce: “la strenna-la strenna, lancia-lancia”.

Ecco affacciarsi allora la mamma e il papà con una grande cesta, ed incominciava così una pioggia di nocciole, mandorle, noci e fichi secchi, con le famiglie più ricche che lanciavano qualche caramella e dei soldini. Tutti si accanivano nella raccolta, spintoni, urla, ognuno cercava di raccoglierne più che poteva e i bambini per avere le mani libere, se raccoglievano qualche soldino, se lo mettevano in bocca. Qualcuno nella raccolta barava sfacciatamente, aprendo un ombrello al contrario, con il manico rivolto all’insù.

Nel caso che il lancio dei dolciumi fosse stato modesto o di scarsa qualità, venivano lanciate imprecazioni, augurando sventure in famiglia.

Quando si richiudeva la finestra, la festa era finita e tutti si allontanavano: chi con le tasche gonfie, qualcuno con qualche graffio e vestito strappato. Giunto il buio della sera, in casa con i parenti e amici si preparava un modesto rinfresco a base di sardenara, canestrelli, focaccia dolce e… tanto tanto vino.

Albergo Giuan
Terrazzo dell’Albergo Giuan, in via Colombo, da cui spesso veniva lanciata la strenna
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