Tratto da “A Crìa da Cumpagnia Armasca” – n. 55 – I Trimestre 2018
Dopo la caduta dell’Impero Romano nel X° sec. le popolazioni costiere rimasero sotto il dominio delle incursioni saracene.
La “Grotta dell’Arma”, come già all’epoca veniva chiamata, era un rifugio sicuro e stabile per l’insediamento dei “Mori”, che altro non erano che schiere di predoni saraceni.
Lo storico G. Martini di Taggia, nei suoi scritti del 1884, narra:
“ad occidente, dell’antico Borgo di ARMA, un piccolo promontorio si spingeva in mare, sotto di esso un’ampia grotta, ancor oggi in parte visibile, dava sicuro ricetto ad una turba di saraceni”.
F. Noberasco nel suo libro “I Saraceni in Liguria”, descrive nell’assalire l’abitato di Taggia…”i ladroni e banditi, minacciavano veramente gli abitanti, vecchi e bambini. Erano i Saraceni venuti dalla vicina ARMA, dove tenevano il loro covo in una famosa grotta…”
Il toponimo ”arma”, che più volte viene nominato, nella sua etimologia, deriva proprio da “grotta”, i Greci erano soliti dare nomi alla morfologia del terreno: grotta = “erma”; anche gli antichi Liguri col nome di “balma o barma” indicavano una grotta.
I Romani definivano la località, ove sorgeva sul promontorio il loro insediamento il: “castrum alme”.
Nel tempo il nucleo di case che si trovava a ridosso della grotta prese così il nome di ARMA.
Negli antichi testi, negli atti notarili, intorno all’anno 1200, troviamo sempre il toponimo ”alma o alme”. Nell’anno 1153, il Vescovo di Genova Oberto, attribuisce il titolo, alla “Chiesa grotta” di ”Annunziata dell’Alma”, al quale si dovevano pagare le decime.
In un atto notarile del 1259, si legge che i Conti di Ventimiglia, proprietari del nostro territorio, cedettero al Governo di Genova metà dei loro possedimenti in ARMA e BUSSANA.
Negli atti che seguirono nel tempo, venne molte volte nominata la “curia di Alme” ossia la chiesa grotta, e fu nominato un certo Nicolò Visdomino, ”potestas Alme”, ossia Sindaco di Arma, e come si attesta, gli abitanti avevano libertà di eleggerlo.
Dai molti atti notarili rinvenuti negli archivi dell’epoca, è risultato che ad Arma svolgevano il loro ufficio due notai: Opicino De Musso e Leone Rebisso, quest’ultimo era nativo del luogo.
Per gli abitanti di Arma e della “costa armedana”, che va dalla foce dell’Armea alla foce dell’Argentina, si profila un periodo molto importante per lo sviluppo abitativo. Gli uomini sono ormai molti, riuniti in una comunità unita, e migliorano le condizioni di vita. Si oppongo al Governo di Genova per le dure e severe imposte che gravano sulla loro comunità e si appellano alla “carta delle libertà” che avevano ottenuto dai Conti feudatari di Ventimiglia, un documento che li riteneva liberi di governarsi e di eleggere un loro Sindaco.
Nel 1250, il sindaco eletto, Manuele Pompiana, con la “Carta delle libertà” viene inviato a Genova e consegna al Capitano del Popolo Genovese Guglielmo Boccanegra il documento. L’Alta Autorità della Repubblica di Genova, riconosce pienamente i diritti acquisiti in essa contenuti e, alla presenza di Nobili e di un notaio, ne trascrive il testo nel ”Libro delle leggi” (liber Iurium) affinché ne resti testimonianza tra le cose più importanti del Governo Genovese, riconoscendo l’esistenza nell’estremo ponente ligure, di un luogo chiamato ”ARMA”.
(Continua…)