Tratto da “A Crìa da Cumpagnia Armasca” – n. 53 – II Trimestre 2017

Attorno al XVII Sec. una delle fonti più importanti delle entrate dei Comuni, era la gestioni dei forni dei panificatori, che annualmente venivano dati in appalto.

Nessuno aveva il permesso di cuocersi il pane e non esistendo forni privati, si dovevano portare le formelle di pane impastate direttamente al forno comunale.

    La gestione del forno era molto redditizia, il fornaio però non era pagato in denaro, ma col pane, ossia per il numero di pane da cuocere che una persona portava, ne doveva lasciare una quantità stabilita. Il fornaio, a sua volta, lo vendeva a quelle persone che erano impossibilitate a fare il pane o recarsi al forno. Il pane era anche oggetto di scambio con altre merci o servizi. Sul mare, esisteva una specie di concordato tra i Signorotti del luogo e i pirati o corsari, la cosi detta ”panatica”, questi fornivano il pane per tutto l’equipaggio, e il capo della ciurma, doveva dare una parte delle razzie che facevano sulle altre navi.   

 Per la gestione dei forni, esisteva una specie di monopolio. Molte erano le famiglie che dovevano recarsi al forno per cuocere il pane ed il sabato, i forni erano affollati poiché il pane doveva sfamare la famiglia per tutta la settimana.

    Dove esisteva un forno la stessa via prendeva il nome di “Via del Forno”, come ad ARMA, dove esiste ancora oggi, sia nella toponomastica cittadina, che nella sua vecchia struttura, il vecchio forno, gestito da una della più vecchie famiglie del luogo, gli Assereto.

Nei primi anni del ‘900 in ARMA vecchia c’erano tre forni: quello di Orazio (Esquilino), alla fine del lungomare di ponente, quello del Batolo (Conio), nei pressi della salita e quello di cui abbiamo già parlato, di Petrò (Assereto). La famiglia Panizzi proveniente da Badalucco, ne aprì uno in Via San Francesco alle Levà.

Forno

Il locale del forno era sempre a piano terra, sopra c’erano le stanze del fornaio. La legna per il funzionamento del forno, proveniva dai boschi comunali e non poteva essere venduta.

    Le donne erano solite andare al forno, tenendo una larga tavola in testa, dove tutte le forme da cuocere ben allineate, avevano uno speciale contrassegno, inciso nella pasta, per distinguerle, una volta cotte, da quelle di altre famiglie.

Molto sovente i forni venivano gestiti, con il permesso del Comune, dalle confraternite religiose, che ricevevano parte delle entrate, mentre le altre somme, venivano date al Comune che le impiegava in spese pubbliche o per riparare chiese.

    I fornai avevano l’obbligo di accendere i forni anche se c’era poca quantità di pane da cuocere, perché la farina era molto preziosa e non si poteva permettere che dei pani andassero a male. Se il pane da cuocere si guastava, il fornaio doveva pagare al Comune una penale.

    Con il trascorrere del tempo cambiarono spesso le disposizioni comunali. La gestione dei forni, e il loro mantenimento, costava molto alle casse comunali, anche perché il pane era ormai diventato uno dei principali alimenti, tanto che fu concessa la possibilità di aprire dei forni privati, oppure di cuocere il pane in proprio. Si incominciarono a vedere in molte proprietà private, e nelle aree delle campagne, dei piccoli forni in pietra e mattoni, dove la famiglia cuoceva il pane.

In molte campagne e nei paesi di montagna ne esistono ancora oggi.

Pane
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